Il presente intervento si propone di esporre l’iter di ordinamento e inventariazione attuato sul patrimonio archivistico delle Cappuccine di Madre Rubatto, prodotto e conservato dalla Curia generale fin dalla fondazione dell’Istituto.
Le Terziarie Cappuccine (così chiamate fino al 1973) vengono fondate il 23 gennaio 1885 a Loano, nella diocesi di Albenga, e solo molto tempo dopo, ufficialmente, ne verrà riconosciuta fondatrice sr. M. Francesca di Gesù (al secolo Anna Maria Rubatto) già attiva negli oratori di don Bosco e dell’Ospedale del Cottolengo nella Torino di fine ‘800.
L’Istituto nasce nel solco della tradizione spirituale francescano-cappuccina ed intende rispondere a due bisogni sociali molto particolari: l’assistenza a domicilio dei malati indigenti e l’educazione della gioventù abbandonata.
Dopo aver ampliato la loro opera nella riviera ligure, nel 1892 le Cappuccine inaugurano una nuova presenza in Uruguay e in Argentina, dove sviluppano un tipico apostolato che segna anche una diversa precisazione del carisma: il servizio nei grandi ospedali civili e militari e quello educativo nei collegi per la gioventù indigente.
Nel 1899 le Cappuccine aderiscono ad una Missione in Brasile nord est e lì ben sette Suore troveranno il martirio per mano degli indios nel 1901.
Nel 1910 la Santa Sede col Decretum Laudis riconosce giuridicamente l’Istituto, già aggregato nel 1909 all’Ordine dei Cappuccini, e finalmente nel 1928 ne approva le Costituzioni.
A partire dal 1963 l’Istituto conosce un’interrotta stagione missionaria che si dispiega prevalentemente in Africa (Etiopia, Eritrea, Kenya, Cameroon e Malawi) e ancora in America latina (Perù ed Equador).
Il 10 ottobre 1993 Madre Rubatto viene proclamata prima beata dell’Uruguay da P.p. Giovanni Paolo II e il prossimo 15 maggio verrà proclamata santa da P.p. Francesco.
L'Archivio storico della Curia generale, ASCG, conserva la memoria storica dell’attività di governo dell’Istituto.
La documentazione di cui oggi siamo in possesso attesta l’evoluzione che ha avuto a partire dall’ultimo quarto del XIX sec. fino a tutto il XX in relazione alle vicende avvenute in un preciso contesto geografico, culturale, politico, sociale, ecclesiale e non ultimo economico.
L’ASCG comincia ad essere prodotto e conservato nella Casa-madre di Loano e dal 1888 a Genova a seguito del trasferimento della Curia.
Nel 1972, rispondendo ai dettami del Concilio Vaticano II, l'Istituto viene diviso in Province e il processo di decentralizzazione segna uno spartiacque anche nella successiva sedimentazione della documentazione.
Nel 1978, viene costituito il Centro studi Madre Rubatto, CSMR, che anticipa una lunga stagione di ordinamento della documentazione storica con particolare riferimento agli scritti e alle memorie legate alla Fondatrice.
La missione affidata al CSMR, coerente col contesto ecclesiale del post-Concilio, era motivata dall'indagine a largo spettro dell’ambiente sociale, culturale e religioso in cui si era formata e aveva operato Madre Rubatto ed in cui avevano mosso i primi passi le Cappuccine.
Il CSMR rimane in attività fino al 1993, in prossimità della beatificazione della Fondatrice, lasciando in eredità all'Istituto un'ingente opera culturale dispiegata in pubblicazioni, raccolta di documenti e organizzazione dell'ASCG.
In quegli anni infatti viene intrapreso il riordinamento archivistico che presenta una caratteristica peculiare, abbastanza frequente negli archivi ecclesiastici, ovvero è riordinamento senza inventariazione. Le carte quindi sono state manipolate, organizzate, ricondizionate, topograficamente collocate secondo un ordine logico, ma senza la realizzazione di un inventario, con tutti i rischi materiali e le criticità scientifiche a ciò connessi.
L’Ordinamento Villa -dal nome della Madre generale che ne è stata l’autrice- ha tuttavia avuto un merito indiscutibile: rendere l'Istituto consapevole del valore del proprio archivio storico, deposito ingente ed incomparabile della propria storia e del proprio carisma, anch'essi «eco e vestigia del passaggio del Signore Gesù nel mondo» (Paolo VI).
Nel 2001 la Curia generale è trasferita a Roma e viene predisposta un’intera area dell’edificio come sede dell’ASCG, ma solo nel 2010 ha inizio un nuovo riordino, denominato Ordinamento XXI sec., al quale si da avvio con la stesura di un elenco di consistenza di quanto conservato nel deposito.
Si devono tuttavia subito affrontare almeno tre difficoltà nel risalire all’ordinamento originario:
1. i trasferimenti dell’ASCG, spesso solo parziali, a seguito del cambiamento di sede della Curia generale (da Loano a Genova, da Genova-Quarto a Roma) hanno sottoposto la documentazione a smembramenti e manipolazioni che hanno reso meno coerente, se non addirittura interrotto, la sedimentazione naturale delle serie. A ciò si è aggiunta la coesistenza per quasi trent’anni, nella medesima sede, dell’ASCG con l’archivio della Provincia italiana, con inevitabili sfasature di competenza;
2. i precedenti criteri di riordino. Nel realizzare l’ordinamento Madre Villa, nonostante abbia operato con scrupolo, ha seguito criteri che sembravano risentire più di un’urgenza gestionale e del bisogno di tematizzare il materiale documentario, che di preservare le connessioni logiche e strutturali del vincolo archivistico. Pertanto solo in parte il suo Ordinamento rispecchiava la naturale sedimentazione della documentazione degli uffici della Curia dalle origini all’ultimo quarto del XX secolo;
3. la debordante commistione tra la documentazione archivistica e l’ampia messe storiografica e bibliografica raccolta dal CSMR afferente sia al complesso iter legislativo che ha riguardato l’evoluzione normativo-carismatica che alla Fondatrice.
Il lavoro di ordinamento si è mosso in molteplici direzioni, tutte però convergenti verso un triplice obiettivo: adeguata conservazione e tutela, corretta fruibilità e valorizzazione del patrimonio.
Negli ultimi dieci anni l'ASCG è divenuto un vero e proprio cantiere in cui è stata acquisita documentazione, riordinata, cartulata, inventariata, ricondizionata, digitalizzata e restaurata.
Fondamentale in tanto operare è stata però – ed è opportuno, oltre che doveroso, ricordarlo – l'adesione al progetto CEI-Ar nel 2011 che ha permesso
• l’inserimento dell'ASCG nell’Anagrafe degli Istituti culturali ecclesiastici,
• l'accesso ai finanziamenti,
• l'utilizzo del software dedicato all’inventariazione
• e il riversamento dei dati su piattaforma digitale.
Dal 2014 la banca dati dell’ASCG è stata riversata sulla piattaforma online CEI-Ar terminal server che consente l’accesso alla banca dati anche da remoto.
Il progetto di conservazione, fruizione e valorizzazione ha comportato altresì interventi di adeguamento riguardanti sia i nuovi locali destinati al deposito (impianto anticendio a gas inerte, impianto di climatizzazione e deumidificazione, impianto antiintrusione e zanzariere), che quelli deputati alla consultazione (wifi, computer, stampante, fotocopiatrice, lampade da lettura ed arredo).
È stato inoltre allestito un gabinetto fotografico per la riproduzione ad alta risoluzione dei documenti.
In questo laborioso itinerario ciò che ha contribuito significativamente a tenere alto l’impegno e l’entusiasmo è stata altresì la partecipazione ai corsi annuali di formazione organizzati dalla Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani dell’Antonianum, dall’Ufficio nazionale per i Beni ecclesiastici della CEI e dall’Archivio storico della Curia generale dei Cappuccini di Roma.
Formazione recepita ma anche offerta a gruppi di giovani stagisti, oltre che alle Suore in formazione, perlopiù provenienti dall’estero, alle quali abbiamo desiderato trasmettere il valore della cura e la preziosità della memoria custodita e comunicata.
Nel 2017 è stato messo online il sito dedicato all’ASCG www.archiviomrubatto.it per attuare l’impegno di riattivare il CSMR e dare nuovo impulso alla ricerca scientifica e all’approfondimento storico delle origini e dello sviluppo dell’Istituto attraverso le fonti primarie.
Il CSMR è stato un incredibile movimento di capitale spirituale, scientifico ed umano impiegato per mettere insieme il filo degli eventi, dei personaggi, della storia. Assumendo l’ideale testimone delle storiche che hanno inaugurato quell’inedita stagione di ricerca, abbiamo ritenuto il web un mezzo idoneo per canalizzare i risultati raggiunti in questi ultimi anni.
È uno strumento rivolto certamente a tutti gli studiosi ma soprattutto alle Suore in formazione affinchè si sentano parte viva dell’entusiasmante, seppur ancora poco conosciuta, storia delle Cappuccine: crediamo infatti che disporre di riferimenti storici alimenti il senso di appartenenza, riconoscersi cioè parte di in un percorso comune, e nutra il bisogno di approfondirlo, personalmente e comunitariamente.
Nel 2020 è finalmente uscito anche l’Inventario a stampa. Una scelta ormai contro corrente, onerosa economicamente e non in linea col pensiero dominante, ma maturata nella consapevolezza di quello che sarebbe potuto diventare.
In Italia questa pubblicazione costituisce un unicum nel panorama degli Inventari a stampa delle Congregazioni femminili sorte a fine ‘800, pertanto non si può considerare uno strumento di consultazione delimitato al perimetro congregazionale, ma altresì un potenziale orientamento per altri Istituti impegnati nell’inventariazione del loro patrimonio archivistico.
Inoltre la complessità di un grande fondo, qual è quello della Curia generale, collegato con altri 36 fondi di media e/o piccola rilevanza, trova efficace soluzione proprio nell'inventario a stampa, in cui lo spazio dedicato alle introduzioni, oltre ad essere cospicuo, è anche più direttamente visibile ed efficace.
Il lavoro fin qui svolto nell’ASCG, se da una parte ha realizzato le aspettative espresse dalle Sorelle Capitolari nel 2008 di ordinare il lascito dei primi centodieci anni di documentazione archivistica e di pubblicarne l’Inventario, dall’altra dovrà affrontare l’ordinamento del cospicuo fondo fotografico, per attuare il quale da poco abbiamo vista approvata l’adesione al progetto CEI-Foto. L’Istituto, anche attraverso questo progetto, potrà finalmente consultare il ricco patrimonio nel tempo raccolto e conservato per le Sorelle che sarebbero venute, una sorta di testimone per immagini del loro ardore di pioniere e di credenti.
Custodire la memoria non è solo un dovere previsto dalla normativa riguardante i beni culturali, o dall’obbligo che ce ne fanno le istituzioni nazionali ed ecclesiastiche.
Custodire la memoria è un debito morale nei confronti delle nostre Sorelle, delle loro esistenze donate a servizio della Chiesa più spesso senza alcun pubblico encomio, senza lodi o dimostrazioni di riconoscenza.
Quelle Sorelle possono ancora dire, ancora dirci di Dio.
Solo quelle fragili memorie possono renderci consapevoli dell’incalcolabile ricchezza del loro sacrificio, del loro silenzio e della loro offerta.
Le carte serbate in archivio, spesso ingiallite, sgualcite e dagli inchiostri evaniti, non saranno prive di valore se continueranno, attraverso di noi, la nostra cura, la nostra ricerca, la nostra sensibilità, a trasmettere e far fluire nuova linfa vitale alla Chiesa.
Grazie!